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Home » WandaVision: l’inquietante solitudine dei supereroi Marvel | Recensione
Serie TV

WandaVision: l’inquietante solitudine dei supereroi Marvel | Recensione

RedazioneDi Redazione15 Marzo 2021Nessun commentoTempo di lettura: 3
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C’è una grande solitudine che attraversa l’Universo Cinematografico Marvel e che ben rispecchia il tormento di superesseri così eccezionali da essere distanti, spesso reietti, e isolati nella loro eccezionalità. 

A Tony Stark sono occorsi tre film e svariate comparsate per trovare un affetto stabile. Captain America è un uomo fuori dal tempo. Tutti i suoi amici sono morti, ha incontrato il vero amore troppo tardi. Il suo senso della giustizia lo rende una “statua della libertà” vivente, moralmente irraggiungibile, ma schiacciato dal dovere. Bruce Banner è un genio, ma il suo alter ego Hulk va tenuto sotto controllo o addirittura allontanato dalla terra. Occhio di Falco è stato per lungo tempo uno dei più fortunati: sempre alla ricerca di pace è riuscito a costruirsi una famiglia, salvo vederla spazzata via.

Poi c’è Wanda Maximoff. La più sola di tutti. Orfana, cresciuta con il fratello gemello se lo vede morire davanti agli occhi. Straniera in una terra inospitale, spaventata da se stessa trova conforto in un essere unico. Visione: un androide alimentato da poteri cosmici. Un ammasso di circuiti e metalli preziosi potenzialmente infinitamente riproducibile, ma mai uguale. Un pezzo unico dell’armamento militare diventato poco meno di un uomo.

Negli ultimi due episodi di WandaVision toglie il fiato l’isolamento della protagonista. Tanto di più se si considera che mai prima d’ora avevamo potuto vederla al di fuori delle maglie dell’universo condiviso. Ora Wanda non è solo la protagonista della sua serie, ma è anche l’unica artefice del suo stesso show. Quando usciamo però dall’inganno di Westview e vediamo la realtà, viene da pensare all’abbandono subito dalla donna.

Dove è il resto della squadra degli Avengers? Dove sono i protettori della terra capaci di respingere un’invasione aliena, ma incapaci di stare vicini a una collega (amica?) nel momento peggiore della sua vita? La scelta non è casuale, ma ha un fondamento narrativo ben preciso. La sceneggiatrice Jac Schaeffer ha recentemente affermato di vedere l’arco della stagione come un percorso di accettazione del dolore:

È sempre stata una storia sul dolore, e l’abbiamo presa seriamente, ed è un po’ riduttivo da dire ma abbiamo usato le fasi dell’accettazione del dolore per organizzare l’arco della stagione. Volevamo condurla verso l’accettazione. È una realizzazione duplice: è l’accettazione di Wanda della cappa da Scarlet Witch e, in secondo luogo, ma forse il più importante, l’accettazione del suo dolore e del fatto che deve lasciare andare Visione e i ragazzi.

Nei fumetti Marvel, Wanda Maximoff è la supereroina costretta a portare il peso di più ferite. Cede, perde il controllo, lascia vincere il suo dolore (House of M) e, infine, lo supera. Nella serie TV gli autori e le attrici hanno fatto un ragionamento simile, arrivando così a decidere di non inserire Mefisto o altri esseri soprannaturali come villain. C’è Agatha Harkness, che mette i bastoni tra le ruote a Wanda, ma il vero ostacolo da superare per la protagonista è il proprio conflitto interiore. Il nemico è il dolore.

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