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Home»Editoriali»Marvel Studios: perché la rappresentazione nell’MCU sta diventando sempre più importante
Editoriali

Marvel Studios: perché la rappresentazione nell’MCU sta diventando sempre più importante

Di 12 Giugno 2022Nessun commentoTempo di lettura: 17
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In occasione dell’uscita di Ms. Marvel e del Pride Month, ripercorriamo alcuni esempi di rappresentazione nell’MCU, e del perché la rappresentazione è così importante.

Sono passati ben 14 anni da quel lontano 2008, quando il primo Iron Man sbarcò al cinema e diede inizio al nostro caro Universo Cinematografico Marvel. Abbiamo iniziato seguendo la storia di un uomo che è riuscito a costruirsi un’armatura in una caverna e adesso abbiamo a che fare con diversi Dei, streghe e stregoni, alieni, viaggi nel tempo, il Multiverso, e chi più ne ha più ne metta. È inevitabile che così tanti argomenti, così diversi tra loro, comportino anche così tanti personaggi.

Al giorno d’oggi abbiamo l’imminente Ms. Marvel, una ragazzina musulmana e nerd che realizza il sogno di un po’ tutti noi: diventare un supereroe. Abbiamo Moon Knight, (Oscar Isaac) un mercenario che soffre di Disturbo Dissociativo dell’Identità tornato in vita grazie all’aiuto di un Dio egizio, Khonshu (F. Murray Abraham), e che gli ha conferito un costume che gli ha dato dei superpoteri. Abbiamo America Chavez (Xochitl Gomez), una ragazza latinoamericana e omosessuale, col potere di aprire portali verso altri universi. E la lista potrebbe continuare all’infinito. Tuttavia, questo non sarebbe stato possibile ai tempi di Iron Man.

Basti guardare all’iconica e tanto amata formazione originale degli Avengers nell’MCU: Iron Man, Captain America, Thor, Hulk, Hawkeye, Black Widow. Cinque uomini bianchi e una sola donna, bianca. Abbiamo anche Nick Fury (Samuel L. Jackson), che seppur sia un personaggio importante nella trama e amato dai fan, non si può paragonare a un personaggio come Tony Stark (Robert Downey Jr.). Ovviamente questa non vuole essere una critica al film, perché bisogna tener comunque conto del contesto e del periodo in cui è stato realizzati. Ai tempi, infatti, non si credeva che un film dedicato a una supereroina avrebbe avuto lo stesso successo degli altri film, un successo che però potrebbe riscuotere oggi. Questo perché, per fortuna, il mondo è cambiato, e con esso anche la mentalità delle persone.

A quei tempi, infatti, si rappresentava un solo tipo di pubblico, mentre tutti gli altri (chi più, chi meno) venivano messi da parte. Oggi, per fortuna, nell’MCU non è più così, ma questo non significa che la rappresentazione non serva più, tutt’altro. Non è ancora sufficiente. Mentre da una parte abbiamo sempre più personaggi femminili che non sono più una macchietta sullo sfondo (l’esempio più recente è Layla di Moon Knight, che è diventata la prima supereroina egiziana dell’MCU), che hanno una propria personalità e dei propri obiettivi, dall’altra abbiamo ancora troppi pochi personaggi, se non addirittura zero.

Nell’MCU, ci sono ancora pochi personaggi e supereroi queer (ovvero non eterosessuali e/o transgender), pochi supereroi neri, pochi supereroi che non provengano dall’America. Persone con religioni differenti da quella cristiana non sono ancora rappresentate. Malattie e disturbi (come il cancro e il DDI) stanno cominciando ad essere presenti. Ma questo non vuol dire che basta inserirli nella storia per poter parlare di rappresentazione fatta bene.

In occasione dell’uscita di Ms. Marvel e del Pride Month, in questo speciale parleremo di alcuni esempi di rappresentazione dell’MCU, di come sono stati trattati, e del perché è così importante.

LOKI

Sylvie: Sei un principe. Ci saranno state aspiranti principesse… o magari un altro principe.
Loki: Un po’ di entrambi. Immagino come per te.

Con questo dialogo, veniamo a conoscenza del fatto che anche nell’MCU il Dio dell’inganno interpretato da Tom Hiddleston è bisessuale, come nei fumetti. È stato un momento che ha fatto parlare molto, essendo la prima volta che un personaggio dell’MCU ha fatto “coming out” (anche se il vero coming out è altro). Il momento non risulta per niente forzato e in un mondo ideale è così che dovrebbe esser affrontato l’argomento. Se però consideriamo la serie nel complesso, il momento risulta soltanto un contentino per i fan, senza alcuna importanza nella trama e nel contesto nella serie.

Per la prima volta vediamo Loki interessarti romanticamente ad un’altra persona, e per quanto il discorso secondo cui il personaggio è così egoista che l’unica persona di cui si innamora è una variante di sé stesso possa piacere o no, è pur sempre un discorso interessante. Ma in una serie che introduce per la prima volta il concetto di “varianti” al grande pubblico dell’MCU, sarebbe stato bello vedere il protagonista interessarsi anche a qualche altra sua variante, mentre così la sensazione che si sia trattato di un contentino rimane tanta, dato che intraprende la sua prima relazione amorosa che vediamo su schermo con l’unica variante donna (almeno ad oggi) e che a momenti non sembra nemmeno un Loki, avendo quindi la classica storia “d’amore” eterosessuale. La sua bisessualità è un aspetto che rivoluziona il personaggio nella sua versione MCU, e sarebbe stato bello se fosse stato più approfondito. Loki è uno dei personaggi più popolari e amati della Marvel, complice anche del fatto che è interpretato da Tom Hiddleston, e i Marvel Studios hanno perso un’occasione importante per fare una bella rappresentazione della comunità LGBTQ+, soprattutto per le persone bisessuali che si sarebbero potute sentire viste dal franchise cinematografico più grande al mondo.

Non a caso, questa scena venne criticata anche da Russell T. Davies (che ha scritto per Doctor Who e Queer As Folk, oltre ad aver lavorato a diverse serie acclamate dalla comunità LGBTQ+), spiegando quanto sia stato un gesto ”ridicolo”:

Penso che ci siano dei grossi campanelli d’allarme che suonano quando si parla di giganti come Netflix e, soprattutto, Disney+. Credo sia motivo di grande preoccupazione. Loki fa riferimento alla sua bisessualità una sola volta nella sua serie, e la reazione di tutti è stata ‘Oddio, è uno show sulla bisessualità.’”

Dice una parola. Usa il termine ‘principi’ e ci viene naturale pensare ‘Grazie, Disney! Non siete meravigliosi?’. È un gesto ridicolo, vile e debole nei confronti di questioni molto importanti e delle storie che dovrebbero essere raccontate. È un esempio di come i servizi streaming ci condanneranno con la loro accondiscendenza.

I Marvel Studios avranno sì rappresentato le persone bisessuali con Loki, ma non vuol dire che l’abbiano fatto bene. Non sembra un caso quindi che la serie non sia stata inserita nella raccolta ‘Pride’ di Disney+, perché non bastano delle parole o delle frasi a rappresentare le persone, quando poi le azioni del personaggio sembrano ignorarle completamente. Per non parlare della fluidità di genere del personaggio, che non è stata minimamente accennata nella serie ma solo tramite qualche trailer e spot, tant’è che si potrebbe addirittura parlare di queerbaiting (una tecnica di marketing che consiste nell’alludere a relazioni omosessuali e/o ad altri tipi di rappresentazione della comunità LGBTQ+, ma che in realtà non sono presenti).

In sostanza, quella di Loki è stata una grandissima occasione sprecata, ma non tutto è perduto: la sua sessualità potrebbe esser approfondita durante la seconda stagione, le cui riprese dovrebbero cominciare a inizio estate, nella speranza che i Marvel Studios abbiano dato ascolto alle varie critiche sulla questione.

PHASTOS, MAKKARI ED ECHO

Con il film della regista premio oscar Chloé Zhao, la situazione è completamente diversa. Qui abbiamo un gruppo davvero eterogeneo e vasto, ed è molto facile immedesimarsi con uno degli Eterni. Questo film rappresenta un grande passo in avanti per la rappresentazione nell’MCU, non soltanto per la famiglia di Phastos (Brian Tyree Henry), ma anche per il personaggio di Makkari (Lauren Ridloff), una sordomuta con il potere di raggiungere una velocità prossima a quella del suono.

A differenza di quanto fatto in Loki, la famiglia di Phastos ha una certa importanza nella trama, è il motivo per cui il personaggio si unisce agli altri Eterni, per difendere suo marito e suo figlio dalla fine del mondo. Non è semplicemente citata durante un dialogo solo per far capire al pubblico la sessualità del personaggio, ma ci viene anche mostrato il primo bacio gay dell’MCU. Per quanto riguarda invece Makkari, ci sono stati diversi commenti e lamentele nei social secondo cui, essendo gli Eterni creati dai Celestiali per poter essere degli individui perfetti, il personaggio non dovrebbe avere queste disabilità. Con questo ragionamento, si perde il bellissimo messaggio che si vuole trasmettere dietro a questo personaggio: avere delle disabilità come quelle di Makkari, ovvero essere muti e/o sordi, non è assolutamente un difetto. Anzi, nel caso di Makkari, è una sorta di vantaggio: non essendo in grado di sentire, per lei sarà più facile infrangere la barriera del suono. Grazie al suo personaggio, negli Stati Uniti moltissime persone hanno iniziato a studiare la ASL, ovvero la lingua dei segni americana.

Tuttavia, il film non può concentrarsi troppo su questi aspetti, per forza di cose: la trama contiene troppi personaggi per focalizzarsi su qualcuno, ed è per questo motivo che non sarebbe sbagliato chiudere un occhio in questa occasione, dato che, nei suoi ”limiti”, il film cerca di rappresentare un tipo di pubblico che fino ad allora non era stato rappresentato, o comunque era stato rappresentato male.

Non a caso, il film ha ricevuto diversi premi, sia per la rappresentazione LGBTQ+ sia per la rappresentazione delle disabilità, ma è stato allo stesso tempo criticato per le stesse ragioni. Per la famiglia di Phastos, il film è stato vittima di review bombing, soprattutto da parte di persone che in realtà il film non l’avevano ancora visto, dato che non era ancora stato rilasciato nei cinema.  Sono casi come questi che dimostrano quanto sia ancora importante la rappresentazione, perché bisogna ”sconvolgere le persone giuste” come scrisse Kumail Nanjiani (interprete di Kingo) su Twitter qualche mese fa.

Un altro personaggio simile a Makkari è Echo di Hawkeye, che presto avrà anche un’intera serie a lei dedicata. Echo è interpretata da Alaqua Cox, che è nativa americana, sorda, e che ha subito un’amputazione alla gamba destra. Non è facile trovare personaggi come il suo nei media di oggi. Ottenere questo ruolo è stato molto importante per lei, non solo perché si tratta dell’MCU (che è in un certo senso come vincente alla lotteria), ma perché le ha dato, e le darà, la possibilità di dimostrare cosa può fare, cosa può fare chiunque abbia le sue stesse disabilità. Una serie incentrata su un personaggio come il suo non si era mai vista, o comunque non ha avuto l’impatto mediatico che una serie dei Marvel Studios potrebbe avere, e potrebbe permettere a milioni di persone sorde di non sentirsi sole, di non sentirsi in difetto, anche perché di difettoso non hanno proprio nulla.

MOON KNIGHT

In Moon Knight troviamo un’ottima rappresentazione del Disturbo Dissociativo dell’Identità (seppur non sia stato ancora espresso chiaramente nell’MCU, ma solo tramite varie interviste ed articoli), che mostra i disagi che le persone affette da questo disturbo possono subire, il cambiamento da una personalità all’altra, quanto queste personalità possano essere diverse tra loro, e forse per la prima volta abbiamo un personaggio affetto da disturbi mentali che non sia un cattivo. Molti psicologi, infatti, hanno commentato la rappresentazione del DDI, lodando in linea generale per com’è stato rappresentato nella serie, seppur con qualche elemento irrealistico (d’altronde stiamo pur sempre parlando di supereroi).

Ma la serie non si ferma solo a questo, ma rappresenta anche la comunità egiziana, che fino ad ora non era mai stata rappresentata se non con molti stereotipi e soprattutto non nel modo giusto. Per il regista Mohamed Diab, egiziano, questo è stato un aspetto fondamentale per la realizzazione della serie:

È qualcosa che avevo in mente da prima di ottenere questo lavoro. L’idea di non aver mai visto gli egizi rappresentati nel modo giusto. Abbiamo visto le piramidi ma siamo sempre stati rappresentati come persone molto primitive, attraverso questo punto di vista orientalista e stereotipato. […]

Volevamo rappresentare l’Egitto per com’è realmente, una grossa città urbana che ha tutto. Ha il deserto, ma ha anche i grattacieli. Ha tutto. Era molto importante mostrarlo. Anche la musica presente nello show è diversa dalle altre, è musica egiziana.

Inoltre, la serie ci presenta anche la prima supereroina egiziana, ovvero Layla nei panni di Scarlet Scarab, con una scena carinissima che ci mostra quanto può essere importante la rappresentazione, soprattutto per i ragazzi più giovani che possono finalmente sentirsi visti.

MS. MARVEL

A proposito di ragazzi, abbiamo l’imminente debutto di Kamala Khan (Iman Vellani), che è forse uno dei personaggi che ci rappresenta meglio: è un’appassionata degli Avengers, sogna di diventare una supereroina e uno dei suoi supereroi preferiti è Captain Marvel, che ricordiamo incontrerà in The Marvels. Saranno in molti, probabilmente, a ritrovarsi in questa descrizione: magari preferite gli X-Men agli Avengers, o Scarlet Witch al posto di Carol, ma il concetto è sempre lo stesso. La serie si concentrerà molto su questo aspetto, non soltanto per rappresentate il fandom dell’MCU in generale, ma soprattutto per rappresentare le persone pakistane e musulmane.

Una supereroina come Kamala non si era mai vista su schermo: una ragazzina che non ha i classici problemi dei supereroi, ma è semplicemente appassionata degli Avengers, e che un giorno si ritrova con dei poteri che neanche lei comprende appieno, almeno non all’inizio. Un po’ come tutti gli adolescenti, anche lei ha molti dubbi su sé stessa, quasi come se avesse una sindrome dell’impostore. E vedere un personaggio come il suo può aiutare molti ragazzi e ragazze che si sentono proprio come lei, mostrando come non siano soli a sentirsi così, potranno sentirsi più compresi.

Se andiamo più nello specifico, Kamala Khan rappresenta nell’MCU anche i musulmani e pakistani. Finalmente avranno anche loro un personaggio con cui immedesimarsi in un modo in cui non potrebbero mai fare con un Iron Man o con una Scarlet Witch. Una serie come questa permetterà a molte persone del Sud-est asiatico di sentirsi viste, non a caso sono in molti che non aspettano altro che vedere questa serie, solo perché la protagonista è pakistana e musulmana.

Anche la famiglia avrà un ruolo importante, essendo un elemento davvero fondamentale per Kamala. Per lei, la famiglia è la sua roccia, ed è grazie ai suoi insegnamenti ad essere una brava persona che la renderanno l’eroe che è destinata a diventare. A differenza di tante altre famiglie nell’MCU, la sua è davvero unita, così come lo sono molte famiglie del sud dell’Asia.

L’importanza della serie Ms. Marvel sta anche in questo: non sarà il primo personaggio musulmano e/o pakistano ad apparire in un film o in una serie TV, ma è la prima volta che una serie con un impatto mediatico molto forte (complice anche del fatto che fa parte dell’MCU) si focalizzi su questo, dimostrando come queste persone non verranno più ignorate, mostrando al mondo intero che anche loro esistono. La serie con molta probabilità mostrerà la cultura pakistana e la religione islamica, portandoci quindi una rappresentazione senza stereotipi che (purtroppo) spesso e volentieri sono presenti quando si parla di mostrare culture e tradizioni ”non mainstream”.

UN FUTURO INCLUSIVO TARGATO MARVEL STUDIOS

Quando si parla di rappresentazione e inclusività, purtroppo sono in molti a storcere il naso. Per molte persone tutti questi aspetti di cui abbiamo parlato in questo speciale potranno sembrare banali e inutili: niente di più falso. Chi si lamenta della rappresentazione inclusiva (se andiamo fuori dall’universo dei Marvel Studios, abbiamo un esempio molto attuale con la serie di Star Wars incentrata su Obi-Wan Kenobi, dove la villain, Reva, è una donna nera, e il personaggio è stato molto criticato, insieme agli insulti gratuiti e immeritati all’attrice che la interpreta, Moses Ingram) sono spesso e volentieri tutte persone che sono state già rappresentate per tutta la vita. L’importanza di questo argomento a volte non viene presa sul serio. Se pensate a un supereroe qualsiasi, con molta probabilità sarà un uomo e quasi sicuramente sarà bianco: questo perché fino a non molto tempo fa avevamo solo questo tipo di personaggi.

Si sente tanto parlare di politically correct e delle ”forzature“ che comporta, ma le vere forzature ce le avevamo prima. Se torniamo all’universo Marvel, un universo così vasto e diversificato, è paradossalmente inversomile che la maggior parte dei supereroi siano maschi bianchi etero. Può sembrare normale che sia così, ma è per l’appunto solo una sensazione, perché c’è letteralmente un mondo di persone così diverse da loro, con le proprie culture, religioni, tradizioni, che per molto tempo si sono ritrovate bombardate da personaggi con cui si potevano legare solo fino a un certo punto.

Con questo non vogliamo dire che la rappresentazione sia l’unico aspetto che conti in una storia. I personaggi non devono essere piazzati in un prodotto solo per il gusto di farlo, ma devono avere una propria storia, una propria personalità, come qualsiasi altri personaggio che sia esistito fino ad ora. Abbiamo ad esempio Black Panther, che calca molto la mano sul fatto di essere il primo supereroe nero dell’MCU, ma non significa che si focalizzi solo su questo, o anche Shang-Chi e La leggenda dei Dieci Anelli, che rappresenta gli asiatici che vivono in America, ma che ha ovviamente una sua trama. La rappresentazione o non si fa, o si fa bene, anche perché non basta una semplice linea di dialogo (sì, stiamo parlando ancora di Loki) a far sì che si possa parlare di rappresentazione. Molto spesso si ottiene l’effetto contrario a quello sperato, risultando solo forzata e a tratti inutile.

Per fortuna i Marvel Studios non si stanno muovendo in questa direzione, ma stiano cercando di fare una rappresentazione fatta bene. Ed è bello vedere come non si pieghino a certe logiche di censura di certi paesi, com’è stato per Doctor Strange nel Multiverso della Follia dove abbiamo America Chavez che è figlia di due mamme, a differenza di altre major che accettano di togliere delle linee di dialogo che fanno cenno ad una relazione omosessuale, dimostrando quindi come questo tema sia trattato in maniera molto superficiale, visto che basta rimuovere qualche frase per eliminare tutti i riferimenti LGBTQ+. Ma la rappresentazione non riguarda solo questo. Si parla di rappresentare quante più persone possibili, non solo quelle con un’etnia diversa da quella bianca o una sessualità diversa da quella eterosessuale, ma anche di persone con determinate problemi: un esempio importante è quello di Jane Foster, che in Thor Love and Thunder sarà la Potente Thor, e dove avrà il cancro, quindi il film tratterà una tematica piuttosto importante e che riguarda moltissime persone. Solo l’idea che un personaggio come questo possa aiutare, nei suoi limiti ovviamente, le persone affette da questa malattia a non sentirsi in difetto, a trovare la forza per andare avanti, a sentirsi viste, non può che renderci felici.

Ma la rappresentazione non serve soltanto nei film e nelle serie TV, ma è importante che anche le persone che ci lavorino siano un gruppo eterogeneo. Una persona nera può trattare la storia di una persona africana molto meglio rispetto a una persona bianca, visto che l’ha vissuta sulla propria pelle, come ad esempio il razzismo e le varie discriminazioni che comporta. E questo vale anche per le persone asiatiche, ebree, egiziane, omosessuali, e così via. Infatti, i Marvel Studios hanno assunto diverse persone che fanno parte di queste “minoranze”, permettendo di avere una rappresentazione più accurata:

In She-Hulk abbiamo Jessica Gao (sceneggiatrice asiatica), in Black Panther: Wakanda Forever il regista Ryan Coogler è nero, in Echo troveremo sceneggiatori e registi nativi americani, nella serie revival animata X-Men ’97 abbiamo Beau DeMayo, il capo sceneggiatore nero, in The Marvels la regista Nia DaCosta è nera, per Ironheart troveremo sceneggiatori e registe nere, in Blade troviamo regista, sceneggiatrice e protagonista neri, con Armor Wars avremo Yassir Lester, uno sceneggiatore nero, e infine in Captain America 4 avremo Malcolm Spellman, uno sceneggiatore nero.

Anche perché diciamocelo: essere rappresentati fa sempre piacere, perché ci fa sentire visti, compresi, capiti. Se mai un giorno dovesse arrivare un supereroe italiano nell’MCU, farebbe di sicuro piacere a molti di noi. E questo vale per i pakistani, per i musulmani, per gli asiatici, per gli ebrei, per i membri della comunità LGBTQ+, e così via. Da questo punto di vista, il futuro dell’MCU è più promettente che mai, essendo già il mondo Marvel vasto di suo (basti pensare agli X-Men, che sono una metafora sulla discriminazione, che potranno rappresentare moltissime persone), ed ora con il Multiverso le possibilità sono sostanzialmente infinite. L’MCU è forse il franchise cinematografico più grande al mondo, con una fanbase enorme, ed è giusto che tutti possano venir rappresentati in un universo così vasto come questo, dove c’è spazio per tutti.

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